[tl;rl] «Avete visto Walter Chiari?»
Issue n.97
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Oggi mi sono arrabbiato al supermercato perché cambiano sempre posto ai prodotti. E tu, invece, quando hai capito di essere invecchiato? Andrea Sarubbi
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Esce oggi Il pessimo capo. Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart (Longanesi). Io non parlerò d'altro per un po'. Vale come disclaimer. Ma ora parliamo di Walter Chiari: pugile, giornalista, soldato durante la seconda guerra mondiale e poi, certo, attore e presentatore televisivo.
Perché voglio parlare di Walter Chiari?
Tra i lavori che mi hanno portata fin qui ho lavorato in RAI dove mi hanno raccontato questa storia: Walter Chiari – che aveva già fatto teatro, ma era poco conosciuto – voleva fare tv, ma nessuno lo chiamava.
Come farsi conoscere? Quando si trovava negli studi della Rai per un provino, una volta entrato, pass alla mano, scappava dagli studi al piano dove ci sono gli uffici, e irrompeva nelle sale riunioni chiedendo: «Avete visto Walter Chiari?». No, nessuno lo aveva visto, ma quando il suo nome iniziò a girare lo avevano già sentito.
Questa storia me la sentirete raccontare spesso - più di quanto non abbia fatto già - in risposta a tutte le ricerche su Google per "Domitilla Ferrari pessimo capo".
E ora torniamo alle solite cose, ma neppure troppo.
IL BIGNAMI DEL MARKETING
«Nonostante tutto il denaro investito in pubblicità e marketing, sono pochi i prodotti che diventano famosi. La maggior parte dei ristoranti fa fiasco, la maggioranza delle aziende fallisce e le iniziative sociali raramente riescono ad attecchire. Perché alcuni prodotti, idee e stili di vita si impongono e altri no? Una delle ragioni per cui un oggetto o un’idea acquista notorietà è che, molto semplicemente, è migliore di altri». Da Contagioso: perché un’idea e un prodotto hanno successo e si diffondono (Sperling & Kupfer, Milano 2014) di Jonah Berger, uno dei libri citati nella bibliografia de Il pessimo capo.
CONSIGLI PER LEADER PROMETTENTI
«L’ambiente è parte delle nostre interazioni. Allora come si fa, senza andare in ufficio? Si fa uguale. L’ambiente digitale poco modifica i comportamenti e i modi di interagire delle persone. Chi è capace di far partire una conversazione di persona lo sarà anche da remoto. (...) È tardi parlarne adesso? No, ora c'è da lavorare per affinare tempi e modalità. Abbiamo vissuto la conversione al digitale più rapida della storia, tra sfondi per le videocall e sfoghi disperati, sindromi da burnout o come lo chiamo io sfinimento, picchi di email notturne per far studiare i figli di giorno. E tutto mentre magari imperversavano minacciose le smanie di pessimi capi, che già prima non erano esempi di capacità smart. Figuriamoci ora alle prese con un mezzo nuovo. Per loro.
(...) Ecco, se c’e` un tratto comune a tutti i pessimi capi è questo: un pessimo capo non condivide la visione complessiva, né trasmette l’idea di un obiettivo comune da raggiungere. Fa comunella, magari, con tutti che ascoltano e poi ridono in coro. Sono sicura che ti sia capitato di osservare (o partecipare a) una scena simile almeno una volta. Un pessimo capo è uno che accentra senza delegare nessun tipo di decisione, neppure quelle che se condivise farebbero la differenza. La lista è lunga, ma come si resiste? Come vedremo, in molti modi. Ma il segreto, alla fine, è uno solo: la quarta parete. Ovvero mantenere il distacco, come a teatro dove chi è in scena immagina un muro che lo divide dagli spettatori perché, come spiega Denis Diderot, gli attori devono dimenticare la presenza del pubblico per essere realistici. Quindi prendi la quarta parete e mettila tra i tuoi obiettivi a lungo termine e quelli a breve termine. L’ansia a breve sui risultati è sbagliata. E la combattiamo così». È un estratto da Il pessimo capo ché oggi, dicevo, non parlerò d'altro.
📅 IL PESSIMO CAPO IN TOUR
Questa mattina sono al Freelance Camp, perché tutti prima o poi siamo stati il pessimo capo di qualcun altro, anche solo di noi stessi.
Sempre oggi, alle 13, sono in diretta con Ester Viola e Paolo Armelli su Il Libraio.
Il 22 ottobre sono ospite di Architecta, la società italiana di architettura dell'informazione, ma c'è tempo e poi te lo ricorderò.
🎧 HO ASCOLTATO
Amare male di Guido Catalano.
Nodi di Andrea Delogu.
C'era una volta Internet di Pepe Moder.
🗄️ DALL'ARCHIVIO
Ti è piaciuta questa newsletter? Nelle scorse newsletter ti ho invitato a offrirmi un caffè. Se volevi farlo, oggi ti chiedo di fare uno sforzo in più e contribuire a questa raccolta fondi. Succedono tante cose nella vita e aver incontrato Luigina è una di quelle che me l'ha cambiata.
RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI
Ho un blog dal 2003, che si chiama Semerssuaq. La prima newsletter l'ho mandata nel 2012 e l'ultima l'ho mandata a luglio, sì ne mando una al mese ma in agosto ho messo l'OoO. Quella newsletter ha avuto il 44% di open rate e dopo quella si sono iscritte 44 persone. No, non penso ci sia un senso.
Oltre a 97 puntate di questa newsletter ho scritto un libro e non parlerò d'altro per un po'. Così lo sai. Sì, di libri ne avevo già scritti due: Due gradi e mezzo di separazione. Come il networking facilita la circolazione delle idee (e fa girare l’economia) e Se scrivi, fatti leggere. L’importanza della riconoscibilità in Rete, entrambi per Sperling & Kupfer.
Non ho mai preso la patente, ma so andare a remi. Ho frequentato un MBA in Bocconi che con quello che è costato tanto vale ricordarlo dove si può. Dal 2012 insegno Comunicazione Digitale all’Università di Padova. Riaprono le iscrizioni: qui.
📻 Credo che il mondo sia piccolo e le connessioni un dono. Ne parlo in una serie su Storytel: 10 puntate, 4 ore e sai tutto (dico sempre le stesse cose).
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La prossima newsletter con i link delle cose che ho letto sulle questioni fondamentali della vita che mi fanno essere felice, capire meglio, essere più consapevole, triste o arrabbiata, la mando il mese prossimo. Un giovedì. Senza impegno.
❤️ Nel frattempo fai cose belle anche tu.
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