Il resoconto involontario di come il nostro mondo stia cambiando [tl;rl feat. Claudio Cammarano]
Issue n.81
Ma è solo un'impressione mia, o con lo #smartworking fra casa e famiglia è completamente scomparso il tempo interstiziale? Leggo meno e non ascolto un podcast da mesi. Claudio Cammarano
...
È la quarta volta che la newsletter non la scrivo io. Andrà avanti così per un po' anche perché i miei ospiti sono evidentemente molto più meritevoli di attenzione di me. E tanto bravi che si presentano pure da soli. Una cosa però di Claudio Cammarano ve la racconto io: mi sono iscritta a un MBA perché lo stava facendo lui. Mi aveva detto pure che era faticoso. E gli ho creduto.
E ora torniamo alle solite cose anche se non scritte da me, presentazioni comprese. ...
Ecco, io mi occupo di marketing editoriale: anche se faccio anche altre cose e tra l’altro ho un Medium molto noioso. Il marketing editoriale è un mestiere anfibio, che raccoglie le idee e le storie concepite da altri, contribuendo a farle evolvere prima in progetti e poi in numeri, grafici, analisi. E in qualche caso – questa è la scommessa – anche in fatturati e margini. Un mestiere che ha qualche analogo nell’entertainment, magari con job label diverse, e che mi ritengo molto fortunato di fare. Sono quel che si dice un lettore fortissimo, anche se a differenza di altri durante il lockdown ho letto meno del solito. In un anno comprerò almeno duecento libri, e naturalmente ci sono anche quelli che devo leggere per lavoro.
Li leggo tutti? No, e in una Bustina di Minerva del 1998 Umberto Eco aveva già detto tutto quello che c’era da dire, a difesa di noi accumulatori seriali. Ma proprio per questo vi racconterò una storia attraverso i libri che sto leggendo in questi giorni.
È il resoconto involontario di come il nostro mondo stia cambiando. Forse in meglio. E forse questo non è propriamente un argomento di marketing, ma di certo riguarda il modo in cui tutti noi facciamo il nostro mestiere, ciascuno il suo, e in cui abitiamo il nostro spazio.
1. Non ci capiamo più tanto bene.
Non citerò casi specifici. Però avete notato come, passata la paura, siamo tutti ritornati molto litigiosi? Pensate per esempio alla querelle fra Mark Zuckerberg e Jack Dorsey sulla regolamentazione delle piattaforme, e tutta la polarizzazione che ha generato (a proposito, vi consiglio un bel contributo di Stefano Quintarelli sul tema, peraltro con un bel titolo clickbait). La tecnologia ci mette certamente del suo, ma esiste anche un problema antecedente legato alla nostra incapacità di comprendere il prossimo. Un problema quasi insormontabile. Ce lo dice Malcolm Gladwell nel suo ultimo libro, Il dilemma dello sconosciuto. Perché è così difficile capire chi non conosciamo, appena pubblicato in Italia da Utet, dove tra le altre cose scrive:
«Il pregiudizio e l’incompetenza sono due categorie molto utili quando si tratta di spiegare il disagio sociale negli Stati Uniti. Ma oltre al fermo proposito e alla massima convinzione di non ricadere più negli stessi errori, a cosa portano entrambe queste diagnosi? Esistono i cattivi poliziotti, esistono i poliziotti prevenuti. I conservatori preferiscono la prima interpretazione, i progressisti la seconda. Alla fine le due posizioni si annullano a vicenda. I poliziotti continuano a uccidere dei cittadini americani, ma queste morti non fanno più notizia. Anche negli Stati Uniti, a distanza di qualche anno la gente deve fare uno sforzo per ricordare chi era Sandra Bland. Con il tempo mettiamo da parte queste discussioni e passiamo ad altro. Ebbene, io non voglio passare ad altro.»
(Ah, sì. Questo libro lo pubblica la mia casa editrice. Lo so, non è elegante: però merita. Mi farò perdonare.)
2. Non ci sono più gli Stati Uniti di una volta.
Qualunque siano le vostre convinzioni personali, in questi giorni siete probabilmente politicamente delusi. Non siete i soli. La storica americana Jill Lepore guarda al suo paese con lo stesso vostro spirito e, per elaborare la delusione, nel 2018 ha pubblicato un libro fondamentale, che oggi è tradotto in Italia da Rizzoli. Si chiama Queste verità. Una storia degli Stati Uniti d’America. Dove, fra le molte altre cose, proprio all’inizio della sua indagine scrive:
«”Fatti”, “conoscenza”, “esperienza”, “prove”. Simili termini provengono dal gergo legale; intorno al XVII secolo migrarono verso quella che fu poi definita “storia naturale” (astronomia, fisica, chimica, geologia) e, dal Settecento, entrarono a far parte del lessico della storia e della politica. Queste verità [allude a un’espressione fortemente voluta da Benjamin Franklin sulla stesura finale della Costituzione]: era il linguaggio della ragione, dell’Illuminismo, della ricerca e della storia. Quindi, nel 1787, quando Alexander Hamilton si domandò se le società umane fossero “in grado di instaurare un buon governo mediante la scelta e la riflessione” o “eternamente destinate a dipendere dal caso e dalla forza per le loro strutture politiche”, formulò il genere di domanda che uno scienziato si porrebbe prima di iniziare un esperimento. Solo il tempo avrebbe portato una risposta. Ma il tempo, oggi, è passato. L’inizio è arrivato alla fine. Dunque, qual è il verdetto della storia?».
3. È tempo di un nuovo inizio.
Una delle questioni che solleva Lepore nel passo che ho riportato è quella della fragilità delle nostre istituzioni di fronte alla bruta casualità. Ma anche la virtù individuale è un bene fragile. Non lo dico io, che la virtù la pratico poco: lo diceva Aristotele nel V secolo a.C. e, ai giorni nostri, ce lo ricorda la filosofa liberal Martha C. Nussbaum. Ogni volta che rileggo qualcosa di suo, penso che stiamo forse arrivando a un punto di svolta positivo. Per esempio, quando sviluppa la metafora del poeta lirico Pindaro sulla virtù simile alla pianta della vite, che è una cosa di cui avere cura. A proposito di questa metafora, Nussbaum ha scritto alcuni dei miei passaggi preferiti ne La fragilità del bene, pubblicato in Italia dal Mulino. Ma atteniamoci alle fonti primarie. Ecco quindi Pindaro:
«Alcuni agognano l’oro, altri sterminati campi, io, caro ai miei cittadini, coprire il mio corpo di terra, lodevoli imprese lodando, spargendo sui rei il vituperio. Ma cresce l’umana eccellenza, come si slancia la vite, da verdi rugiade nutrita, tra gli uomini saggi e tra i giusti levandosi all’etere liquido. Vario è il bisogno che hai di un amico: supremo nei triboli; ma la brama di gioia anche posare gli occhi su un uomo sicuro.» - Pindaro, Nemea VIII, 37-44
Cosa c’entra con noi? C’entra. Certe figure di leadership tossica, esageratamente assertive e avviluppate nei loro confirmation bias, in questi mesi hanno dimostrato i loro enormi limiti. Lasciando maggiore spazio a modalità di gestione della crisi pur molto rigorose, ma più disposte a concedere un “non lo so”, quando era il momento di farlo. E più orientate a un’idea di “cura” della comunità. Come se fosse una cosa viva e fragile. Come una pianta, appunto. Penso a Andrew Cuomo e Melissa DeRosa a New York; ad Angela Merkel in Germania; a Jacinda Ardern in Nuova Zelanda.
Per quanto ne so, i prossimi di questa lista, nella vostra piccola o grande parte di mondo, potreste essere voi.
NOTIZIE BUONE E CATTIVE DAL POST-COVID
Non tutti i ribelli sono mossi da genuina passione democratica (ma in compenso la loro storia è un appassionante romanzo criminale).
Dopo il Covid, non guardiamo più alla scienza nello stesso modo (ed è un bene).
La globalizzazione, se vi piace, non è finita (ma qualcuno rischia di rimanerne escluso).
IN ATTESA CHE LE COSE MIGLIORINO
🗄️ DALL'ARCHIVIO
RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI
Ho un blog dal 2003, che si chiama Semerssuaq. La prima newsletter l'ho mandata nel 2012 e l'ultima è della settimana scorsa. L'oggetto è: L'unica cosa che conta davvero e l'ha scritta Daniela Farnese; quella prima è di Annalisa Monfreda e quella prima ancora di Martino Pietropoli.
💌 Ti è piaciuta questa newsletter? L'ha scritta per noi Claudio Cammarano, dentro ci sono 30 link tondi tondi e 1533 parole e puoi inoltrarle tutte a qualcuno a cui vorresti farle leggere. A me farebbe piacere, penso anche a lui.
📩 Te l'hanno inoltrata? Non la ricevi perché non hai mai pensato di iscriverti? Puoi rimediare lasciando la tua mail qua. In caso di indecisione (hai ragione 👍di mail ne riceviamo già troppe) qui e qui dicono che non dovresti averne. E, se ti piacciono le newsletter di contenuto, quelle utili per imparare cose nuove, qui trovi una selezione fatta da me.
✏️ Hai mai pensato di scriverne una tua? Fossi in te partirei da qui: Caro amico mi iscrivo, di Nicole Zavagnin (sono di parte: parla anche di me).
La prossima newsletter con i link delle cose che ha letto qualcun altro arriva quindi giovedì prossimo. Sarà così per un po'.
❤️ Nel frattempo fai cose belle anche tu.
📮 Ricevi questa mail perché sei tra le 3582 persone iscritte alla newsletter di
Semerssuaq, il blog di Domitilla Ferrari
🐌 tl;rl sta per too long, read later al posto di tl;dr (troppo lungo, non letto): prenditi il tempo che serve.
❌ Non ti interessa più?
Cancellati dalla mailing list e 👋 ciao.